L’ipoacusia, come è noto, è una patologia diffusa maggiormente tra la popolazione anziana; infatti, secondo quanto riportano i dati raccolti dal Ministero della Salute, dopo i 65 anni ne soffre una persona su tre.
Al contrario risulta essere meno conosciuta la correlazione tra ipoacusia e decadimento cognitivo.
Come si spiega la relazione tra declino cognitivo e calo uditivo?
Il sistema uditivo è strettamente correlato al cervello e mantenere questo legame ben funzionante risulta indispensabile per la nostra salute e per il nostro benessere fisico e mentale.
A tale proposito numerosi studi negli ultimi anni hanno dimostrato come alla perdita uditiva si associ un accelerato declino cognitivo.
Il Professor Frank Lin, otorinolaringologo ed epidemiologo presso la Johns Hopinks University di Baltimora, Metter e colleghi hanno eseguito alcuni studi dai quali è risultato che, rispetto ai soggetti con udito normale, quelli con ipoacusia hanno:
- un rischio due volte aumentato di sviluppare demenza se l’ipoacusia è di grado lieve
- un rischio tre volte maggiore se l’ipoacusia è di grado moderato
- un rischio cinque volte aumentato se l’ipoacusia è di grado severo
Il deficit uditivo può ridurre, anche di oltre il 30%, l’efficienza di altre abilità cognitive aumentando il rischio di una compromissione di funzioni come l’attenzione e la memoria.

Come contribuisce l’ipoacusia al decadimento cognitivo?
Secondo lo studioso Lin, l’ipoacusia contribuisce in 4 modi diversi al decadimento cognitivo:
- L’ipotesi principale riguarda l’esistenza di un processo fisiologico che contribuisce in egual modo all’ipoacusia e al declino cognitivo
- Un’altra possibilità riguarda lo stress esercitato sul cervello dallo sforzo di comprensione conseguente al deficit uditivo. L’ipoacusia infatti aumenta l’impegno necessario all’ascolto degradando il messaggio, aumentando le possibilità di distrazione e riducendo l’apprendimento percettivo: tutto ciò comporta un carico cognitivo durante l’elaborazione dei dati che “affatica” il cervello e riduce le risorse di attenzione e cognitive disponibili per altri compiti.
- La terza ipotesi considera che la perdita di udito modifichi la struttura del cervello, contribuendo ai problemi cognitivi. A un deficit uditivo si associano alterazioni a livello cerebrale, individuate soprattutto grazie a studi di imaging con la risonanza magnetica. Si è così dimostrato che al calo dell’udito è correlata una riduzione del volume della corteccia cerebrale uditiva primaria localizzata nel lobo temporale. Accanto alle modificazioni strutturali, la perdita uditiva si associa anche ad alterazioni della funzionalità, a tale proposito si indica una riduzione dell’attività neuronale.
- Infine, sembra possibile che l’isolamento sociale causato dall’ipoacusia ricopra un ruolo importante nel favorire lo sviluppo di questi disturbi. Le difficoltà comunicative connesse al deficit uditivo possono infatti favorire la solitudine delle persone e questa è considerata un fattore di rischio per i disturbi cognitivi.
Quali sono gli approcci per prevenire il decadimento cognitivo connesso alla perdita dell’udito?
Le ricerche hanno dimostrato che una maggiore attenzione verso la prevenzione e l’identificazione precoce dell’ipoacusia, attraverso l’esecuzione di un test dell’udito, e, qualora ci siano le indicazioni, la messa in atto di un trattamento efficace per mezzo dell’apparecchio acustico, potrebbero ridurre il declino cognitivo e l’insorgenza della demenza.
L’amplificazione acustica più adeguata è necessaria per un risultato uditivo ottimale e per un’efficace protezione delle capacità cognitive. I soggetti che utilizzano un apparecchio acustico, ripristinando le abilità comunicative, migliorerebbero l’umore e i rapporti sociali, mantenendo una partecipazione attiva che non porterebbe alla stessa progressione del deficit cognitivo riscontrata nei soggetti non rimediati acusticamente.
Per tutte queste ragioni ti consigliamo, qualora tu abbia notato un calo uditivo che riguardi la tua persona o uno dei tuoi cari, di non perdere tempo e agire preventivamente ai fini di mitigare gli effetti che la perdita uditiva può comportare se presa tardivamente.
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